La goccia che trabocca

LA GOCCIA CHE TRABOCCA


Libera di essere come vuoi tu e sicura di te in ogni momento con una protezione che non si fa notare.

Libertà, sicurezza, protezione.

Queste sono le parole chiave utilizzate nelle pubblicità che sponsorizzano assorbenti per chi soffre d’incontinenza.

Se negli ultimi anni le pubblicità di questi prodotti sono aumentate, è diminuita al contempo l’età delle protagoniste degli spot e quindi del target di riferimento. Questi assorbenti non sono più indirizzati solo a signore di una certa età, ma a donne e uomini molto più giovani, segno evidente – a mio parere – di quanto questo problema sia diffuso e percepito.

Il sito della FINCOPP (Federazione Italiana Incontinenti e  Disfunzioni del Pavimento Pelvico) segnala una stima di circa 5.000.000 (5 milioni!) di persone che soffrono di incontinenza, 60% donne e 40% uomini, con disturbi che variano per entità e gravità: da piccole perdite da sforzo all’incapacità di controllo della vescica.

Sempre sul sito sono riportati i risultati di uno studio inglese del 2005 che stima tale problema nel 27% delle persone tra i 55 e i 64 anni, quasi una persona su 3!

Lasciando da parte le cause che danno origine a questi disturbi, vero è che sono problemi che incidono pesantemente sulla vita delle persone in un’età sicuramente ancora giovane e attiva all’interno della nostra società. L’incontinenza è un problema intimo, spesso fonte di vergogna, imbarazzo e disagio e purtroppo possono passare anche molti anni dai primi episodi (qualche goccia persa in situazioni di sforzo come ridere, tossire, fare sport o sollevare quacosa di pesante) a quando si decide di parlarne al proprio medico o a uno specialista.

E più il tempo passa, più aumenta il rischio di cronicizzare e aggravare la situazione, con difficoltà maggiori nel recupero pieno o parziale della funzionalità degli apparati escretori. Si arriva tardi. Per pudore, perché si sottovaluta il problema e per scarsità di informazioni.

Un pavimento pelvico debole, troppo flaccido o troppo contratto, favorisce l’incontinenza. Infatti una delle sue funzioni principali è quella di collaborare al controllo delle aperture di uretra e retto attraverso i loro sfinteri, oltre a sostenere il peso degli organi interni che rischiano di abbassarsi se non sono ben “tenuti su”.

Assieme a uno stile di vita che favorisca questo processo (modificando cioè le cattivi abitudini che possono indebolire le pelvi, come una vita sedentaria e il perpetuarsi di schemi motori inefficaci), tonificare e rendere più elastici e flessibili i muscoli del pavimento pelvico è fondamentale per mantenere queste funzionalità o per recuperare quelle perdute.

Per fortuna oggi c’è un’attenzione maggiore per questi problemi e non si tende più a sottovalutare la salute del pavimento pelvico. La ginnastica pelvica o la rieducazione perineale vengono infatti consigliate a chi soffre di incontinenza; sia per migliorare il tono della muscolatura (grazie a esercizi di elasticità e rinforzamento) che per incrementare la consapevolezza del proprio corpo, e sono utilizzate anche come pratiche a supporto di eventuali interventi.

Ritornando alle pubblicità, sono sempre stata dell’idea che più si parla di un problema, meglio è.

Aiuta a fare informazione e a dare evidenza e visibilità a un disagio (in questo caso molto comune), aiuta a “normalizzarlo” e ad affrontarlo senza vergogna e più tempestivamente. Ma manca ancora attenzione per la prevenzione.

Ognuno ha il suo mestiere, le aziende producono e i pubblicitari vendono prodotti.

Nei casi di incontinenza, gli assorbenti sono utili e funzionali, ma trovo abbastanza svilente che il messaggio trasmesso sia che la sicurezza di sé debba essere inevitabilmente legata a un acquisto.

Come se gli assorbenti fossero i dispositivi della propria autodeterminazione e la libertà, un tampone.

Mettere una ciotola sotto a un rubinetto che perde è una soluzione momentanea: il rubinetto non aggiustato continuerà a gocciolare.

La libertà è educazione alla prevenzione. E non solo nell’ambito della salute.

Perché Prevenire è meglio che curare.


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