CORONA (FASE 1)
Questo è un articolo, o meglio una serie di pensieri, scritto qualche mese fa per il collettivo berlinese Andere zustände ermöglichen. Sono stata coinvolta da M. una persona molto cara che collabora con loro e che oltre a farmi un po’ di domande si è anche occupata della traduzione in tedesco. Mi piace molto il nome di questo collettivo che trovo più che mai attuale e visti gli ultimi tempi anche un po’ profetico “immaginarsi altri condizioni da vivere/immaginarsi un altro mondo”.
Ripubblico qui quel che ho scritto nel mese di aprile, rileggendo le mie parole e tralasciando ogni giudizio non posso fare altro che sorridere con la stessa tenerezza che si ha per le cose lontane.
“Se a fine del 2019 qualcuno mi avesse detto che in pochi mesi tutto il mondo si sarebbe fermato per un’epidemia globale, avrei pensato fosse pazzo. Se a fine 2019 qualcuno mi avesse detto che in appena 3 mesi la nostra cultura, la società, l’economia, l’ecologia, le modalità di lavorare, di condividere e di stare insieme sarebbero cambiate radicalmente, gli avrei chiesto di quale serie TV stava parlando.
E invece è realtà. La situazione è questa.
E come tante persone vedo la parte positiva e quella negativa. E come tante persone sono spaventata dal non sapere assolutamente cosa succederà dopo il virus e nel frattempo spero egoisticamente che nessuna delle persone che conosco si ammali. In una sensazione iniziale di irrealtà, la morte per Covid-19 di un lontano parente di mia madre, a Milano, mi ha però sbattuto in faccia che è tutto reale.
Sono fortunata perché vivo in una situazione privilegiata: sto fisicamente bene, per ora non ho problemi economici, ho un piccolo orto sul balcone, non vivo con persone violente, ma abito da sola con un gatto in un appartamento grande in una città, Bologna, che ha un buon sistema sanitario, che però sta collassando: non c’è più posto nelle terapie intensive e gli ospedali stanno valutando se fermare tutte le operazioni chirurgiche, anche per chi deve essere operato di tumore.
Seguendo le indicazioni e i decreti del governo italiano, resto a casa e quando soffro di solitudine chiamo un amico e faccio un video-aperitivo. Santo Internet!
Siamo io e il mio gatto, il mio gatto e io, e dopo un mese di lockdown ancora non ci odiamo. Anche se siamo stanchi di non vedere nessun altro.
Il mio è un lavoro di cura. Lavoro con i corpi delle persone, sono una Holistic Operator e insegno pratiche di movimento consapevole (Postural Gym & Pelvic Gym). Mi manca non solo il mio lavoro, ma il poter avere un contatto diretto, di comunicazione immediata e quindi senza altri media, con le persone. Contatto che non so assolutamente quando potrò riprendere.
In uno stato di assenza si sviluppano altri sensi. Ci restano gli occhi. La possibilità di vedere e farsi vedere e faccio quello che posso fare con i mezzi e le competenze a mia disposizione: ho aperto un canale youtube e con un telefono appoggiato a uno sgabello giro dei video di ginnastica posturale e ginnastica pelvica. É il mio modo per restare vicina alle persone e perché no, acquisire nuove competenze e forse, nel futuro, nuove possibilità. E come me altri miei colleghi continuano a svolgere la propria attività sulla rete.
In un clima di grande incertezza, penso che il governo italiano stia facendo quel che può e se giusto o sbagliato lo scopriremo nei prossimi mesi. Ma la grande spinta, negli anni passati, verso la privatizzazione, anche del sistema sanitario, ha sicuramente indebolito un sistema che ora vive sull’orlo di un collasso.
I problemi c’erano anche prima e la pandemia ha dimostrato quanto decenni di liberismo selvaggio (ed episodi di corruzione) abbiano davvero lasciato il segno. E immagino che anche adesso c’è chi si arricchisce e chi diventa sempre più povero.
In Italia si dice “Del senno di poi son piene le fosse” che vuol dire “it’s easy to be wise after the event”, e quel che resta è nelle mani e nella responsabilità delle persone. Tutti, nessuno escluso. Non solo medici e infermieri.
Qui a Bologna, che è un’isola felice, la comunità cerca di fare rete e da quel che so molte persone soprattutto giovani hanno cominciato a fare del volontariato attivo: portare la spesa a chi non può o non è in grado di uscire di casa, nelle cucine popolari, come operatori telefonici per le persone in difficoltà. Accanto a loro, persone che invece continuano a fregarsene, a trovare ogni scusa per uscire di casa o riversare odio in rete. Quanto le persone e la società saranno cambiate lo scopriremo in futuro.
Lo so: non ho delle critiche più approfondite da fare sul sistema dei media, delle informazioni degli algoritmi di facebook e nemmeno non parole meno banali di “il futuro è incerto per tutti”. Ho solo qualche opinione sulle poche cose che conosco e che sono intorno a me.
Ma una cosa la so: la respirazione è fatta di 3 fasi. Inspiro, espiro e un momento di pausa, in cui tutto il corpo è sospeso. Quella pausa è un profondo atto di fede nel respiro successivo. Vivo in quella fede, sospesa tra quello che era e quello che sarà.”